Luigi Di Capua presenta: Holy Shoes

Luigi Di Capua presenta la sua opera prima come primo ospite all'arena Fuori Post

Luigi Di Capua presenta: Holy Shoes

Evviva la provincia! “Quant’è bello scappare dalle ansie e dai problemi di Roma. Ci metterei la firma per venire ogni lunedì mattina a Perugia.”

 

Nato l’8 luglio. Piegare il titolo di un film celeberrimo alle nostre esigenze. Perché è la data del primo ospite dell’arena estiva Fuori Post all’arena Barton Park: Luigi Di Capua, quello dei The Pills, il più basso dei tre, il più disincantato, quello con indosso, perennemente, gli occhiali da sole, quello della “tipa wild”.

 

Porta il suo esordio da regista, una commedia assai amara, con venature di dramma, che affronta di petto la nostra dipendenza dagli oggetti, il nostro essere ormai più che cittadini, clienti e consumatori. Titolo: Holy shoes, letteralmente “scarpe sante”, testimonianza di una società che non guarda più in faccia le persone, ma valuta solo la qualità di quel che porta ai piedi. Proprio come accadeva all’inizio di un film lontanissimo nel tempo a firma Elio Petri, Il maestro di Vigevano. Lì, la voce fuoricampo del protagonista Alberto Sordi raccontava, mentre la camera riprendeva dal basso, che “se un uomo si valuta con un’occhiata dalla testa ai piedi, qui a Vigevano l’occhiata si ferma ai piedi perché ognuno qui a Vigevano porta le scarpe che può, che deve e che merita”.

 

“Spesso la scintilla di un film è in un ricordo. Avevo dodici anni e al tempo giravano le nike squalo, costavano trecentomila lire. I miei non vollero assolutamente comprarmele e fu quasi una fortuna. Quella che non ebbe un ragazzino della mia scuola che invece cominciò a indossarle e che per questo fu atteso fuori, picchiato, derubato delle scarpe e costretto a tornare a casa scalzo. Un’immagine che non ho più scordato”. 

 

“Non ho superato lo scoglio del Centro Sperimentale. Scrissi un cortometraggio sul piccolo Hitler che non veniva preso all’Accademia d’Arte di Vienna e che per questo diventava l’incubo del secolo scorso. A me sembrava una storia figa, ma non mi presero. Da questo rifiuto è nata la mia storia professionale ed è nato anche Holy shoes”.

 

Il soggetto è stato scritto con Luca Vecchi, “un amico con cui condivido tanto da tanti anni. Alcuni personaggi secondari del film sono ispirati a persone che entrambi conosciamo”. Una storia corale, vite diverse che orbitano intorno a un paio di scarpe, all’originale ed alla loro copia contraffatta, alle bugie e alla violenza che può scatenarsi per accaparrarsele, agli stratagemmi che si possono ideare per farne un business: “Gli oggetti come reliquie sacre”.

 

PS: a fine serata le scarpe ce le siamo tolte e le abbiamo scagliate lontano. Non stiamo a dirvi il senso di liberazione.

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