Samurai’s Fist – Kurosawa vs Tsukamoto

KUROSAWA vs TSUKAMOTO ovvero GLI STILI IRREPLICABILI

KUROSAWA vs TSUKAMOTO ovvero GLI STILI IRREPLICABILI

Così unici, così dannatamente riconoscibili, narratori dell’universo-mondo, immersi nel magma giapponese, costruttori di ponti con l’occidente. Attraversare i generi, rifare Shakespeare, fondare il cyberpunk, jidai-geki ed erotismo, campi lunghi e primissimi piani, raccontare storie, sempre, con il tocco della grazia e il furore del martirio.

Memorie dal nostro presente. L’indeterminatezza della guerra che è sempre un male e un dolore universale. Latitudini proprie e vedute dall’alto, quando il conflitto finisce non è mai la fine: gli effetti restano nelle cose e nelle menti. L’angoscia parla ancora e tutto è distrutto, da far rivivere (Hokage – Ombra di fuoco). Ma se il tempo per ‘rivivere’ è un conto alla rovescia inesorabile quali strade (tra le infinite strade) intraprendere prima della fine? Come impiegare quel soffio di vita ancora disponibile (Ikiru – Vivere)? Con la foga e il furore del proprio corpo, magari. Con la copula, la furia sessuale che continua oltre un’altra vita che si spezza. Nel fragore del metallo che distrugge la carne, la rinascita della carne attraverso il metallo (Tetsuo). Riflesso, fulgore, la canna dell’arma, estensione armata e misura d’orgoglio. Senza la pistola si è nudi e per tornare a indossare la divisa bisogna ritrovare quel che è stato smarrito (Nora inu – Cane randagio). La perdita non è contemplata, diventa ossessione (Bullet ballet). Il primo tesoro è il prodotto dei propri lombi, il più stretto dei legami di sangue chiama, evoca, brama, ancora il metallo, la sua moltiplicazione (Tetsuo II – Body hammer). Nella battaglia si finisce per restare soli, senza padrone, senza valore, ma un samurai sa scegliere sempre da che parte stare e sa anche capire quando nessuna parte rappresenta la salvezza. L’annientamento delle fazioni è la chiave e di nuovo sarà silenzio e solitudine (Yojimbo – La sfida del samurai). Altrimenti c’è l’amore, certo. Quel legame a due che un terzo incomodo può far saltare. L’abitudine alla relazione, un divano comodo, e dall’altra parte, un corpo teso, un pugno devastante. La boxe è il quadrato della perfezione, fuori è il caos (Tokyo fist). Caos di corruzione, delazioni, false piste, tradimenti: nessuno è al sicuro, tutti devono sempre guardarsi le spalle (Sanjuro). Ah, ecco. Il tradimento. Ancora un viaggio a due e un terzo incomodo che distrugge l’asettico menage, promette la rivoluzione attraverso pochi scatti fotografici. La vita di carne e sangue può essere sconvolta da un obiettivo “in grado di registrare in modo permanente le immagini ottiche e poi di renderle oggetto visibile” (A snake of june). E l’onore allora? Onore di uno che chiama un altro che ne assolda un altro ancora per un totale di sette. E quei sette sono il desiderio di protezione, lo spirito guerriero, la giustizia contro il sopruso. Che è sempre in inferiorità numerica, che pare un tentativo senza speranza (I sette samurai). Nulla, invece, è senza speranza. Neppure la perdita della memoria che dovrebbe cancellare un’intera esistenza e che invece è solo lì, dormiente, in attesa di essere risvegliata da quello che un tempo era stato vivo e adesso giace morto (Vital). Come uno sdoppiamento che frantuma la coscienza, la dà in pasto alla follia, la trascina in un vortice d’amore e di sangue (Kotoko). L’unica soluzione è combattere, di nuovo, combattere e partire, vedere il mondo, provare a cambiarlo, rifiutarlo, mettere in gioco il proprio destino (Zan – Killing).