di David Robert Mitchell

It follows

Horror | USA | 2014 | 94 min | VM14
It follows

It follows. E’ più interessato a suggerire domande che ad azzardare risposte: è un grande horror, ma soprattutto è un grande film che si merita pienamente un ruolo di primo piano all’interno del genere. 

Nel finale di Jeepers Creepers di Victor Salva il mostro, una volta catturata e uccisa la vittima desiderata, compiva l’unico gesto in grado di suscitare reale terrore: ci guardava. E lo faceva attraverso un lembo di pelle morta, inutile, perché il corpo – la carne – oggi è un puro espediente, uno strumento secondario ai fini dell’orrore puro e semplice. Non è più tempo di body horror, insomma, quello teorizzato e messo in pratica nei formidabili (ma ormai lontani) anni Ottanta. No, oggi le traiettorie del genere si sono spostate, subendo una mutazione proporzionale al cambiamento dei tempi e della società, e il babau non è più l’icona à la Freddy Krueger o Jason Voorhees, né tantomeno il mostro della tradizione classica. Il mostro oggi è invisibile eppure tutt’intorno a noi: il mostro oggi è lo sguardo. Si può certamente continuare a mettere in scena spettri, case infestate e poltergeist, ma con l’evidente intenzione di parlare di altro (come testimonia il recentissimo The Conjuring – Il caso Enfield).

L’opera seconda di David Robert Mitchell (dopo The Myth of American Sleepover) è l’horror che ritorna a sconvolgere gli equilibri: non che nel frattempo il genere sia rimasto con le mani in mano, ma se c’è un film che più di tutti gli altri sembra rielaborare e metabolizzare la lezione del new horror, questo è certamente It Follows. Il film di Mitchell si rivela tutt’altro che insensibile alla lezione dei maestri, a cominciare da quella di John Carpenter: la musica, le carrellate, una location urbana che sembra la versione aggiornata della Haddonfield di Halloween, con le sue villette tutte uguali e la macchina da presa che segue i suoi protagonisti lungo i marciapiedi e i giardini, come se ci trovassimo a inseguire (following) il fantasma di Jamie Lee Curtis nel capolavoro del 1978. E ancora: se più di una volta abbiamo ribadito l’importanza seminale della saga di Nightmare nel raccontare un decennio troppo veloce e troppo luminoso per impedire di nascondere gli orrori che vi si celavano dentro, It Follows ne raccoglie compiutamente l’eredità riuscendo a raccontare il mostro della nostra contemporaneità, talmente grande e davanti agli occhi di tutti che non riusciamo più neanche a metterlo a fuoco. E la mattanza dei suoi giovani protagonisti, pressochè ignorata da una generazione di padri colpevoli o assenti, ha la stessa portata drammatica del film di Craven del 1984 (o del quarto capitolo, quello di Renny Harlin, il più tragico e tra i più sottovalutati): esattamente come il paesaggio urbano della pellicola, le macerie (fisiche o sentimentali) prendono il sopravvento e tutto ha il sapore disilluso e malinconico dell’abbandono.

Opera intrinsecamente legata al concetto di vedere, il film racconta di un contagio trasmesso attraverso i rapporti sessuali, ma lo spauracchio dell’AIDS non c’entra nulla, o quantomeno non è rilevante ai fini ultimi della pellicola; piuttosto, è una contaminazione felicissima tra l’horror e il coming of age, nella quale le due parti si alternano e si completano a vicenda con una fluidità tale che sembra impossibile determinare quando finisca l’una e cominci l’altra. Perché il cuore del film risiede tutto nel dolore e nel disagio di una generazione, questa, uccisa da un fuoricampo assoluto e inafferrabile (guardando quindi anche a Jacques Tourneur, omaggiato nella lunga sequenza finale in piscina) che si trasforma in motore narrativo, moltiplicando e stratificando lo sguardo oggettivo di un nemico senza nome: le panoramiche circolari a 360° di Mitchell illuminano le strade, le stanze e i corridoi della scuola per cercare disperatamente di mettere in risalto l’horror vacui che si annida sotto la superficie delle cose. E ai suoi giovani personaggi, costretti costantemente a guardarsi indietro, viene preclusa qualsiasi possibilità di un futuro. Nell’epoca dei social network, dei profili e degli account, in cui la priorità è farsi vedere e L’idiota di Dostoevskij viene letto sullo schermo di un cellulare, il mostro è colui che ti vede e ti segue (il follower), attraverso una circolarità che potrebbe continuare all’infinito. Complesso e sfaccettato, It Follows è più interessato a suggerire domande che ad azzardare risposte: è un grande horror, ma soprattutto è un grande film che si merita pienamente un ruolo di primo piano all’interno di un genere che in questi ultimi anni sta cercando una nuova via per raccontare il mondo e le cose. Riuscendoci

Recensione di Giacomo Calzoni tratta da Sentier Selvaggi

Festival e Riconoscimenti

laurel67. Festival de Cannes

. Selezione Ufficiale

Dettagli

Anno
2014
Regia
David Robert Mitchell
Durata
94 min
Genere
Horror
Distribuzione
Koch Media
Colore
colore
Cast
Maika Monroe, Keir Gilchrist, Jake Weary, Olivia Luccardi, Daniel Zovatto

Trailer

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